Villa
Sagramoso Sacchetti
già d’Arco

Located at the very edge of a natural terrace, overlooking the right bank of the river Adige, and facing the hills of the Valpolicella and the Lessinia pre-Alps, in between Verona and lake Garda, Villa Sagramoso Sacchetti is a 16th century Venetian Villa, under the control and protection of the Italian Ministry of Cultural Heritage and Activities (MIBACT).

Acquired in conditions of total decay by the counts Sagramoso family, the villa underwent a radical restoration work. This was possible thanks both to the personal and passionate commitment of the owners, who still live their property and take care of it, as well as to the fundamental encouragement and support of the Italian Ministry of Cultural Heritage and Activities (MIBACT) and the Istituto Regionale Ville Venete.

Besides the restoration of the villa (1965), an eminent example of the Sanmicheli’s school architecture, our family also went through the restoration of its annexes. Notably, over the years, the monumental entrance to the courtyard (1975), the “Colombaia” (1977), part of the “Barchessa (1979), the small church dedicated to San Giacomo (1989), and the “Rusticale” behind the latter, which is probably the oldest building in the whole complex (2004).

In the same years, we also we also succeeded in creating the villa’s garden and in shaping the original “brolo”, which is today enhanced by a large vineyard framed by olive groves, fruit trees and cypresses. Both these extensive green portions are in fact an integral part of the entire architectural complex, making of the design between natural and artificial elements an organic unicum.

Preservation and enhancement continues today, with an innovative declination of the original raison d’être of the Villa Veneta, as the main house at the very core of a farm. All of this was possible through the establishment of an Agriturismo that, with its hospitality and products, allows a new life and sense to the historical and cultural treasures of the site and its territory.

La storia

L’Origine della Villa del Corno Alto è da ricercarsi in un’antica corte agricola, forse medievale, dotata di rusticali, forno e torre colombaia, sorta su uno scenografico promontorio che domina la val d’Adige e la Valpolicella. Agli inizi del Seicento ne entrò in possesso Gian Giacomo d’Arco, edificando il magnifico palazzo di villa e l’adiacente cappella privata dedicata a San Giacomo apostolo, che ancora oggi possiamo mirare.

Storyline

Il restauro

Acquistato dai Sagramoso negli anni ’60, del secolo scorso, in condizioni di totale abbandono, il complesso della villa del Corno è stato oggetto di un radicale lavoro di restauro reso possibile, oltre che dal diretto e appassionato impegno dei proprietari che la abitano e custodiscono, dal fondamentale incoraggiamento e sostegno della Soprintendenza di Verona e dell’ Istituto Regionale Ville Venete.

Oltre alla Villa (1965), sono stati nel tempo recuperati il monumentale portale di ingresso (1975), la torre colombaia e il cortile d’onore (1977), parte della barchessa (1979), la chiesetta dedicata a San Giacomo (1989), e il rusticale retrostante la chiesetta (2004).

Negli stessi anni si procedeva alla realizzazione del giardino e alla valorizzazione del brolo che costituisce un unicum organico col corpo edificato, rendendo inscindibile il disegno che – tra costruito naturale e artificiale – caratterizza l’intero complesso.

Il parco

Il primo impianto del giardino risale al 1971, quando Alessandro e Rosandra Sagramoso Sacchetti si posero il problema di creare una cornice adeguata alla Villa da loro recentemente restaurata, ricavando uno spazio a giardino all’interno del grande pescheto che allora occupava interamente il brolo della stessa.

Ad aiutarli fu Ignazio Vigoni Medici di Marignano, amico di famiglia e persona di grandissima esperienza: alla sua sensibilità e competenza si devono, infatti, la conservazione e la valorizzazione giardini della villa Mylius–Vigoni di Loveno, sul lago di Como, e della Villa Medici, oggi Giulini, a Briosco.

L’impostazione condivisa fu quella di inquadrare il corpo di fabbrica che affaccia sul brolo con un gioco di quinte di cipressi e di lecci, lasciando uno spazio a prato di fronte alla facciata principale, spazio all’interno del quale vennero creati due grandi gruppi di querce rosse, liriodendron tulipifera e liquidambar, prospetticamente simmetrici rispetto alla facciata stessa.

Questo disegno fu ripreso e ampliato, alla fine degli anni ’70, dall’architetto Giulio Crespi, sia in relazione alle mutate esigenze dei proprietari (in quegli anni erano stati completati i lavori di restauro della Torre Colombaia), sia alla possibilità – venuto meno il pescheto – di potere includere il brolo stesso tra gli spazi su cui intervenire. Da un lato fu quindi ampliata la porzione a prato sul fronte della Villa, con la creazione di rustiche siepi in ligustro, che consentissero di meglio individuare le porzioni di giardino di pertinenza dei singoli fabbricati; dall’altro con la messa dimora di alcuni esemplari di magnolia e di gruppi di tigli.

In anni più recenti (2010), con la costituzione dell’azienda agrituristica l’intero brolo divenne parte integrante del progetto-giardino. Con l’aiuto dell’architetto Maria Giulia da Sacco, fu realizzato un ampio vigneto, incorniciato da porzioni a oliveto che raccordano le prospettive di pini italici e cipressi che i proprietari stessi avevano iniziato a creare per delimitare e inquadrare il brolo stesso. Questo disegno risulta a tutt’oggi solo in parte realizzato. D’altra parte, mettere le mani nella terra, creare un giardino è un’esperienza di vita, un gesto di fiducia nel futuro, un’avventura che non si conclude mai.

L’azienda agricola

Si sono succedute negli anni diverse tipologie di coltivazioni. Originariamente, in epoca medievale, veniva coltivato il Gelso per l’allevamento del baco da seta, data l’assenza di sistemi di irrigazione.

Negli anni ’60 del Novecento si era passati alla coltivazione delle pesche con l’impianto di un vasto pescheto, in seguito riconvertito in parco della Villa.

A metà degli anni Duemila, con l’inizio dell’impresa commerciale, è stato piantato un vigneto di Pinot Grigio, dato il favorevole terreno calcareo idoneo per questa varietà d’uva.

A questo si sono aggiunti in seguito: un uliveto con varietà di Leccino, Frantoio, Pendolino e Leccio Del Corno, piante autoctone della zona; un frutteto con mele, pere, susine, albicocche, prugne, ciliege, fichi, melograni, limoni, mandorli e noccioli; un orto coltivato con sistema naturale.